lunedì 12 agosto 2013

La giornea o Zornea

Sopravveste molto elegante e giovanile è la giornea, la quale è una veste prevalentemente maschile e di carattere militaresco, forse perché più corta della guarnacca. Nelle carte del Colleoni troviamo annotate le zornee per i suoi militi. Il capitano o il principe le forniscono con la loro divisa, e si stabilisce così un primo tipo di uniforme. Le zornee o giornee, usualmente sono ornate di frappe e intagli e sono ricchissime e divisate. Negl'inventarî del 1400 si parla spesso anche di giornee di donna, sopravvesti o zimarre aperte davanti, o anche ai lati sotto le braccia, spesso con maniche di diverso colore e foderate di pelliccia, ornate di frange e di ricami. Sempre nei conti quattrocenteschi figurano "jorneuzze" come abbigliamento da bambini. La giornea scompare nella seconda metà del '400.
Francesco del Cossa – Allegoria del mese di Aprile-
Palazzo Schifanoia, Ferrara

lunedì 15 aprile 2013

Salse agrodolci - rivisitazioni

Rivisitazioni di salse agrodolci alla rievocazione di San Pelagio (PD).

Passata di cipolle:
Tagliare a fettine sottili le cipolle e farle dorare in padella con lo zucchero di canna; una volta caramellate aggiungere della zucca gialla tagliata sottile, un pò d'acqua, sale, pepe ed un pò di salsiccia fatta rosolare a parte. Lasciar andare a fuoco lento finchè non diventa quasi una crema e servire calda con la carne arrosto.

Salsa vino e miele:
Versare due bicchieri di vino rosso in una pentola con tre cucchiai di miele, zenzero in polvere, chiodi di garofano, noce moscata, cannella, un pizzico di sale e pepe. Lasciar addensare a fuoco lento, eventualmente aggiustare con della farina di farro se si vuol rendere più densa. Servire calda con carne di maiale o pollo.

lunedì 25 marzo 2013

Nucato

Anonimo Toscano, Libro de cocina
"Togli mele bullito e schiumato, con le noci un poco peste e spezie, 
cotte insieme: bàgnati la palma de la mano coll'acqua et estendilo: 
lassa freddare e da' a mangiare. E puoi ponere amandole e avellane 
in luogo di noci."



Ingredienti: miele, noci (o mandorle e nocciole), spezie (zenzero e cannella).

Mettere del miele nella pentola e scioglierlo a fuoco basso, aggiungere le noci triturate e le spezie in polvere. Lasciar addensare (deve avere un bel color ambra), mescolando spesso. Togliere quindi dal fuoco e stendere su un piano adeguato (marmo, teglie foderate con carta forno...) utilizzando un coltello. Servire una volta raffreddato.

N.B. per pulire gli utensili basta metterli in acqua bollente. Il nucato si conserva al fresco per diversi giorni.

giovedì 7 marzo 2013

De le lasagne



Anonimo Toscano

"Togli farina bona, bianca; distempera con acqua tepida, e fa' che
sia spessa: poi la stendi sottilmente e lassa sciugare: debbiansi 
cocere nel brodo del cappone o d'altra carne grassa: poi metti nel 
piattello col cascio grasso grattato, a suolo a suolo, come ti piace."

Ingredienti: farina bianca, brodo di carne (cappone o gallina), parmigiano grattuggiato.

Preparate la sfoglia di pasta con l'acqua e la farina e lasciatela asciugare. Tagliare a "maltagliati", grossolanamente,  e cuocerla nel brodo. Disporla poi nel piatto a strati, alternando il formaggio grattuggiato.

Buon appetito!

giovedì 14 febbraio 2013

Salsa sarasinesca

Anonimo Veneziano, Libro per cuoco

"Se tu voy fare salsa sarasinescha toy mandolle, uva passa, zenzevro, cenamo e garofalli e melegette, gardamomo, galanga e noce moscate; masena ogni cossa inseme e distempera con agresta; questo è bon savore."

Ingredienti: mandorle, uva passa, zenzero, cannella, chiodi di garofano e grani di melegueta (grani dei Paradiso, simili al cardamomo), cardamomo, galanga, noce moscata, sale e agresto o aceto di mele o succo di limone.

Tritare le mandorle ed unirle al resto degli ingredienti; stemperare il tutto con l'agresto. Nel caso usiate aceto o succo di limone aggiungere un cucchiaino di miele millefiori.

martedì 12 febbraio 2013

Cappelli Uomo



Il cappello, di forma rotonda e ampia, è portato all’inizio del secolo da pellegrini e contadini per poi diventare un capo legato all'autorità, allo status e all'importanza della persona nella comunità.
Di origine ultramontana, erano a tesa rialzata dietro e a punta lunga (simile al nostro cappello goliardico), a volte decorati pesantemente come con la ghirlanda che circondava la cupola. Gli anziani si proteggevano dal freddo portando "sopra i cappucci di panno doppio  delle berrette di grana, non tessute né cucite ma fatte “ad acum” cioè a maglia." ( PISETZKY, Storia del costume in Italia, Milano,1964-1969, in Enciclopedia della moda Treccani, Roma,2005). Il berretto tipicamente italiano è  il “berretto a tozzo”, una calotta quasi conica senza bordo, o "alla capitanesca" detta anche "alla sforzesca",una berretta rossa e tonda "che quanto più si innalzava dal capo, tanto più si giva allargando” (Vita del Fortebraccio dal Campano).
Nel XV secolo(come descritti negli inventari veneti) troviamo berrette o barette (biretum) di panno semplice (sfoderato) per l’estate, doppio per l’inverno. L'abitudine era di portarla leggermente inclinata sulla fronte e da un lato, spesso ornata in punta con un gioiello (per chi se lo poteva permettere, ovviamente!). Un altro tipica berretta veneta è una specie di calotta cilindrica un po’ rigonfia oppure piuttosto alta, con un risvolto lungo tutto l'orlo. I copricapi più comuni per la maggior parte della gente rimangono comunque i cappucci per gli uomini, nastri e decorazioni per le acconciature delle donne o i cappelli di paglia.




















lunedì 11 febbraio 2013

Tacuinum sanitatis, Donna Veneziana dal Sarto

 XIV sec. Donna Veneziana: non vista la camicia, sotttoveste blu e veste azzurra. Maniche strette e lunghe sotto, più larghe e corte sopra. Abito in figura sino alla vita alta che si allarga poi sino alle caviglie. Sullo scollo a "barchetta" un orlo semplice, senza ricami o decorazioni. Capelli raccolti in una semplice treccia avvolta attorno al capo. 

La Cucina Medievale Oggi


La cucina medievale è una cucina lontana dalla nostra, non solo per il tempo, ma anche per i gusti, le spezie, le regole, i colori, le competenze. Il rapporto infatti che la cucina ha con la società, la religione, la politica, l'economia, il commercio e la moda è direttamente proporzionale e possiamo facilmente immaginare che come la società e le sue regole attuali sono profondamente diverse da quelle del Medioevo, così è per la cucina.
Considerato che ogni territorio ha le sue caratteristiche, da quelle geografiche a quelle commerciali, abbiamo ricercato informazioni ed approfondito l'alimentazione del nostro territorio nell'epoca rievocata dalla nostra compagnia: la Padova Carrarese della seconda metà del Trecento e dei primi anni del Quattrocento.
Ci siamo basati non solo sulle fonti letterarie di quegli anni, abbiamo anche visitato i luoghi che raccolgono le testimonianze del periodo e della storia di Padova, come l'Orto Botanico. E' stato proprio all'Orto Botanico che abbiamo scoperto, ad esempio, che non appartenevano alla cucina carrarese non solo gli ingredienti tipici dell'America ma anche altri, come il grano saraceno, che giunse in Italia tramite le rotte commerciali marittime del Mar Nero solo alla fine del Quattrocento.
Attraverso la ricerca sul territorio siamo riusciti a definire quindi gli ingredienti a disposizione nell'epoca che ci interessa e come e quando questi venissero utilizzati, a seconda del padrone della tavola, dal contadino al ricco, e a seconda del periodo liturgico. Questi studi ci hanno portato a capire quanto sia errata l'idea che il mangiare medievale sia tutto un mangiare povero: alla tavola del Doge si mangiava sicuramente anche la zuppa, ma salata e speziata con maestria dal cuoco in cucina, mentre nella casa del popolano si poteva trovare la zuppa di ortaggi freschi (oggi li definiremmo biologici) cotta sul fuoco del grande camino predisposto nella stanza che probabilmente costituiva l'intera abitazione. I colori, le spezie, le sperimentazioni con ingredienti esotici erano la moda in ogni corte nobiliare e nella Padova Carrarese, così vicina a Venezia, non si faceva eccezione. Tanto la moda influenzava i nobili a tavola, tanto la creatività ispirava i cuochi medievali sulla tavola: grande valore infatti veniva attribuito alla bella presenza dei piatti, sino ad arrivare a camuffare delle carni, delle uova, dei dolci in un'altra forma, come un dolce alle mandorle modellato a riccio1 o le “ova contrafacte in quadragesima” dove le uova venivano sostituite da riso e zafferano2.
Riportiamo qui un breve ma utile riassunto delle nostre ricerche, consapevoli di non essere storici nè cuochi professionisti.
Spezie: noce moscata, chiodi di garofano, cardamomo, zafferano, zenzero, cannella, coriandolo, cumino, grani di anice, galanga (sostituita oggi dallo zenzero, più diffuso e della stessa famiglia), pepe.
Sale: bianco, grigio, scuro ( quasi rossastro, definito fuscum); sale fino e sale grosso.
Cereali: frumento, orzo, avena, farro, segale, miglio, riso.
Formaggi (più famosi): grana padano, parmigiano reggiano, caciocavallo, castelmagno, quartirolo, taleggio, gorgonzola, montasio, fontina, robiola, marzolino, mozzarella di bufala, pecorino sardo.
Legumi: piselli (anche bianchi, grigi, bruni, rampicanti, franchi), ceci, fave (e cicerchie, piccole fave oggi difficili da trovare), lenticchie, lupini, fagioli “dall'occhio” (cosìddetto per una macchia scura tipica al centro del legume, chiamato in Francia “mongette”).
Castagne: “dimestiche” (frutti grossi chiamati marroni) e selvatiche (più piccole, chiamate semplicemente castagne). Venivano usate molto nelle zuppe assieme ai legumi e , ridotte in farina, per polente e castagnacci.
Carni: cacciate e allevate. Carni suine, ovine e castrati (alla portata di tutti), vitello e selvaggina (riservati ai ricchi), uccelli di ogni tipo (civette, cornacchie, pavoni, cormorani, cicogne, aironi...), oca e gli altri animali da cortile (non il tacchino, che arrivò dall'America), bovini (non più idonei come animali da soma).
Pesce: di acqua salata e dolce, come oggi. I più pregiati erano: storione, anguilla, salmone, lampreda, trote e lucci. Molto apprezzate anche le sarde, meno costose.
Frutta e verdura: cavoli (cappuccio, romano, crespo), cipolle (bianche, rosse, verdi), porri e scalogno, cavolfiore, rapa, aglio, finocchio, ravanello, cardo, carota, zucca, spinacio ed altre foglie scure comuni (come le bietole), lattuga, scarola, invidia, crescione, asparagi, zucchina; frutti di bosco, mele, castagne, pere, fichi, pesche, ciliegie, nespoli, sorbi, prugne, albicocche, agrumi e frutta secca, soprattutto mandorle e nocciole. Erano comuni contorni anche i funghi.
Grassi e condimenti: lardo, strutto, olio d'oliva, burro, olio di sesamo; aceto, in particolare di vino o “agresto” (ricavato da uve acerbe), balsamico.
Bevande: acqua da sorgente, acqua da pozzo, spesso poco invitante e quindi migliorata con aggiunte (aceto, miele, erbe, fiori). Vino, bevanda d'eccellenza, solo nuovo (il tappo di sughero è della fine del Seicento), i vini più famosi erano d'Ascalona, di Cipro, di Gaza, greco, di Borgogna, la Malvasia; tipico era il “vino mulso”, allungato con miele o spezie per mascherare l'acidità. Famose erano anche le diverse aromatizzazioni del vino: il vino salviatium con salvia, il vino rosatum con petali di rosa, il vino Moretto con miele e more, il vino all'uovo con l'albume per schiarirlo, il vino con bacche per scurirlo. Apprezzato molto era il vino cotto ed il vino cotto spalmabile, ottenuto dall'evaporazione della parte acquosa del mosto fino a due terzi; l'ippocrasso era il vino scaldato e speziato, lasciato a macerare per due o tre giorni prima di essere filtrato. Cervogia: bevanda ottenuta dalla fermentazione dei cereali (solitamente orzo o farro) con l'aggiunta di erbe aromatiche o di luppolo. Sidro: ottenuto dalla fermentazione della frutta, i più frequenti erano a base di mele e di pere. Infine i distillati, tra cui in particolare l' “aqua vitae”, la cui origine viene attribuita agli alchimisti della Scuola Salernitana per uso medico già nel XII secolo.
Pane e pasta: il pane era realizzato con ogni farina, raramente con quella di castagne, spesso con una miscela di due o tre farine, a seconda della possibilità; a causa della tassa obbligatoria per l'uso del forno comune erano diffuse le farinate, grano pestato nel mortaio, cotto e mescolato con acqua o latte, tra cui le “pizze”, ossia delle focacce salate o dolci ( solitamente riferite agli affitti pagati dai mugnai per il mulino). La pasta, fresca o secca, poteva essere fritta, arrostita o lessa; a seconda delle regioni lo stesso nome di una pasta poteva rappresentare tipologie differenti, come il maccherone, il quale poteva indicare una pasta ripiena, una pasta lunga a strisce (tipica di Roma), una pasta simile ai bucatini ( in Sicilia) e così via. Il condimento più diffuso era a base di burro, formaggio e spezie, tra cui anche cannella e zucchero. Diffusa in tutte le regioni era la tecnica di rivestimento dei cibi in fogli di pasta, dalla torta salata al pesce in sfoglia.
Dolcificanti: zucchero da canna e miele.
Buona cucina!
Francesca



1Le viander de taillevent, XV sec.
2Maestro Martino, Libro de arte coquinaria, XIV sec.

lunedì 4 febbraio 2013

De la pevarada

Ingredienti: fegatini di pollo, pane secco, zafferano, spezie (pepe, coriandolo, cardamomo, zenzero, chiodi di garofano, noce moscata), brodo di carne, aceto o vino, olio e sale.


"Togli pane abbrusticato, un poco di zaffarano che non colori, spezie e fegati triti e pesti nel mortaio, e distempera con aceto o vino e brodo predetto, e fallo dolce o acetoso, come tu vuoli. E tale peverata si può fare con carne domestica, salvatica e con pesce."


Abbrustolire il pane secco e saltare i fegatini con un pò d'olio. Tritare/ sminuzzare i fegatini ed aggiungerli al pane insieme allo zafferano, alle spezie e al sale. Stemperare con brodo e vino o aceto finchè non diventa una salsa morbida.

Adatta come salsa d'accompagnamento a tutte le carni a anche a qualche pesce, se grasso e cotto arrosto.

giovedì 31 gennaio 2013

Gli Zanzarelli

Mastro Martino da Como, Libro de arte coquinaria

"Per farne dece minestre: togli octo ova ed meza libra de caso grattugiato, et un pane grattato, et mescola ogni cosa insieme. Dapoi togli una pignatta con brodo di carne giallo di zaffano et ponila al focho; et como comincia a bollire getta dentro quella materia, et dagli una volta col cocchiaro. Et como te pare che sia presa toglila da focho, et fa' le minestre, et mettivi de le spetie sopra."


Ingredienti:
brodo di carne
parmigiano o pecorino romano grattuggiato (circa 15 grammi per uovo)
uova
pangrattato
zafferano
spezie ( chiodi di garofano, zenzero, noce moscata)
pepe e sale


Preparate un brodo di carne ed aggiungete poi lo zafferano. Unire intanto le uova col formaggio ed il pan grattato. dare una mescolata veloce e buttare il tutto nel brodo bollente, mescolando finché non prende consistenza. Togliere dal fuoco, aggiungere a piacere le spezie ed il pepe e servire caldo.

Buon appetito!